“La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso”
Ok, parlare di sole a Udine può sembrare un controsenso, ma la frase del libro di Jon Krakauer, Into the wild, si sposa alla perfezione con l’essenza del Far East Film Festival. Nella dieci giorni di kermesse le migliaia di chilometri che ci separano dall’affascinante mondo orientale scompaiono in un batter d’occhio: l’Est non è più così “far”, i sapori di Oriente ed Occidente si fondono in una sola essenza, i polmoni si riempiono di aria del Levante. Il caldissimo Giovanni da Udine si erge a colonna portante della manifestazione, apre le sue braccia a registi, attori e pubblico, regalando spazio a film provenienti da Cina, Hong Kong, Taiwan, Giappone, South Korea, Cambogia (alla sua prima apparizione), Indonesia, Filippine, Thailandia, Vietnam e Singapore.
In questo tutti contro tutti, nella caccia al bramato Gelso d’Oro, c’è però spazio per una missione comune: i protagonisti sono membri di una squadra che si prefigge l’obiettivo di far conoscere al mondo dell’ovest le potenzialità e la bellezza di un cinema diverso e seducente, un luogo dove antico e nuovo sanno coesistere e danno luce ad una creatura capace di rappresentare contemporaneamente tradizioni ed innovazioni.
Trovare le parole per descrivere il caleidoscopio di emozioni che si provano durante il FEFF è impresa ardua, farlo in uno spazio limitato di un articolo lo è ancor di più. Ma queste poche righe a disposizione, con così tanto da dire, sono il perfetto parallelo di ciò che Udine è per il Far East: una piccola città che accoglie un intero continente.
Le emozioni uniche che il festival regala sono state ampliate ancor di più in questa edizione grazie alla meravigliosa esperienza del primo “FEFF Campus”. Aver fatto parte della “rosa” dei 9 reporter che hanno raccontato in maniera innovativa la rassegna è stato un onore, essere stato occhi e bocca del Far East è un qualcosa che porterò sempre nel cuore. Un’esperienza altamente formante sia a livello professionale (crescendo “giornalisticamente” sotto l’ala protettrice di maestri del calibro di Mathew Scott e Richard James Havis), sia a livello umano. Ed è proprio questo aspetto che, alla fine, più conta. 9 ragazzi, 9 stati, ognuno con la sua storia, ognuno con la sua strada che, grazie al Far East, ha un incrocio comune. Abbiamo recensito film, fotografato attimi indelebili, intervistato registi ed attori che ci hanno trasmesso la loro passione per il cinema. Abbiamo sudato, abbiamo imparato, ci siamo migliorati. E, senza nemmeno rendercene conto, siamo diventati una piccola famiglia. Poter dire di avere un amica in Germania, una in Giappone, uno a Londra, una a Pechino, e così via, è il regalo più bello di tutti. La sera, anzi, la notte, ci si fionda nel letto cotti a puntino: tanta la fatica, ma è una stanchezza che anziché svuotarti ti riempie, che ti fa addormentare con il sorriso stampato sulle labbra.
Il Far East è un solo corpo che ospita le anime di tutto il mondo. Qui si capisce che i confini esistono solo nella testa delle persone e che, se c’è una passione che lega ogni angolo del pianeta, qualsiasi muro può e deve essere abbattuto. Essere un pezzettino di questo splendido puzzle è meraviglioso.
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