Tratti a matita, su scale di grigio, raccontano il dolore di due genitori che hanno perso la figlia in una sparatoria all’interno di una scuola. L’invito alla riflessione su un problema attuale negli USA e sulle sue drammatiche conseguenze, dipinto con un disegno leggero, capace però di soffocare
Se succede qualcosa, vi voglio bene
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GIUDIZIO 8/10
Un vuoto incolmabile, che cancella le parole. “Se succede qualcosa, vi voglio bene” è la storia straziante, tanto breve quanto intensa, del trauma di una mamma e un papà che perdono la loro figlia in una sparatoria a scuola. Un’apnea di quasi 10 minuti per raccontare il dolore più grande del mondo: quello della perdita di un figlio. Si dice orfano chi perde i genitori; non esiste un termine per identificare coloro i quali patiscono invece la pena inversa. E sono proprio i due genitori i protagonisti di questo splendido racconto diretto da Will McCormack (sceneggiatore di Toy Story 4) e Michael Govier. Un elogio al dolore. Che apre voragini che appaiono incolmabili nell’animo umano e che spingono ad affondare nei più svariati ricordi, splendidi o laceranti, ma sempre dolorosi.
LA SCELTA DELLA MATITA – Elogio del dolore, così è definita l’opera dall’anteprima di Netflix. Raccontato con tratti di matita leggeri, per lo più su scale di grigio, che dominano il cortometraggio per imprimere con ancora maggior forza quei rari lampi di colore, che aumentano prepotentemente il loro significato intrinseco. Linee bianche e nere, graffiate, che nei momenti più toccanti aumentano la sensazione di vuoto, e che si fanno divorare dal colore dei ricordi, quelli sì vividi e che trasmettono gioia, mentre la mente vaga nel passato e in ciò che fu. La scelta è azzeccatissima e originale: la mancanza di dettagli nelle varie situazioni (un salotto con solamente due sedie e un tavolo, una camera da letto con un quadro e un letto, un giardino con un paio di fiori, e così via…) fa emergere ancora di più la sensazione di galleggiamento dei due protagonisti, come immersi in uno spazio senza tempo, quello del dolore, che li fotografa soli, distanti. Abbandonati a loro stessi e ai ricordi tangibili e non della loro amata figlia. Basta una crepa blu nel muro per aprire una spaccattura mille volte più grande nel cuore. È sufficiente una maglietta, una canzone, per riaprire un dolore soffocato. Per ricordare quanto amore è stato spazzato via insensatamente. La matita squarcia le anime della mamma e del papà, disegna i contorni dei ricordi più belli e si abbandona al suono, nei momenti più bui. E intanto sullo sfondo, con una danza costante delle proiezioni delle anime dei due, ci vengono raccontati i sentimenti. Tutto il mondo del non detto. Un gioco meraviglioso con le anime dei protagonisti: una danza che ci sbatte in faccia i sentimenti dei due, ormai lontani.
OMBRE E SUONI – Ombre che sono felici, ombre che cercano un contatto, ombre che cercano di fermare l’inevitabile nel momento del ricordo. Sono le sagome dei due a raccontarci l’universo che si nasconde dietro i piccoli gesti e dietro segni apparentemente insignificanti. Reagiscono ai sentimenti, si emozionano, provano dolore, paura, impotenza. Ma “Se succede qualcosa, vi voglio bene” è anche questo: la crudeltà di un tempo che non può tornare, dell’incapacità di cambiare quanto successo nel passato. I due sono inermi davanti al fato. E diverranno poco per volta consapevoli che, alla fine, sarà sempre e soltanto l’amore a essere in grado di colmare le distanze e lenire il dolore. Il tutto mentre siamo accompagnati da una colonna sonora, inevitabilmente in mancanza di dialoghi, perfetta. Una musica che si veste su misura alle date circostanze e che svanisce completamente in concomitanza del rumore degli spari. Micidiale.
ARMI IN USA – Qui si tocca con mano l’assurdità di una vita spezzata a soli 10 anni, intrecciando fortemente una delle (la?) problematiche americane maggiori: la facilità nel reperire un’arma e, in particolare, la semplicità con cui anche i più giovani possano entrarne in possesso, per compiere gesti scellerati. Il mass shooting, che attanaglia il paese a stelle e strisce, è un problema concreto, poco percepito da queste parti. Per bambini e adolescenti le armi da fuoco sono la seconda causa di morte negli States dopo gli incidenti stradali. E non è un caso che questa piccola perla di Netflix sia stata realizzata in collaborazione con l’associazione Everytown for Gun Safety. Qualche dato reperito in rete: tra l’inizio del 2014 e l’agosto del 2016 sono morti 326 bambini a causa di spari involontari (un numero 12 volte maggiore rispetto a tutti gli altri paesi occidentali sommati). Vedere questo cortometraggio fa male ma, come spesso accade, è necessario per riflettere.
La perdita come trauma insormontabile. Ma c’è del bello in tutto questo. Un qualcosa reso possibile grazie alle definizioni dei tratti che facilmente si perdono, si mischiano, e ancor più semplicemente si trasformano, fino a ritrovarsi. In chissà quale forma. La distanza tra madre e padre, i loro silenzi, sono tutto ciò che ci viene sbattuto in faccia sin dal primo momento. Prima di intraprendere un rapido percorso che ci farà capire che superare dolori così ingiusti non è un qualcosa di fattibile in solitaria… E che serve tempo. Che quando si affronta questo dolore, alla fine, bisogna saper lasciare andare l’anima di chi non c’è più, per farle finalmente ritrovare il sorriso. Come accade in quella splendida scena finale, con l’abbraccio dei due, e la bambina che, sullo sfondo, torna a sorridere, quasi come a toccare i cuori dei genitori.
Era dai tempi di Memorable che non mi capitava di piangere per un corto animato (p.s. se ce la fate, guardatelo, anche se è difficile da reperire). Qui Netflix aiutala diffusione, al contrario di quello del regista francese Bruno Collet che comunque conquistò una nomination agli Oscar dello scorso anno. E chissà che questo essere “alla portata di tutti” non sia capace di regalare a “Se succede…” una piccola statuetta dorata.
Luca Feole (@palahliuk)