The End Of The Fucking World 2 ribalta i connotati a James e Alyssa: la dark comedy si tramuta in un racconto del dolore e del riscatto
“Puoi essere convinto di scappare da qualcosa, in realtà la stai solo portando con te“
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GIUDIZIO 7/10
È la stagione dei traumi, del dolore lancinante. E del tentativo di superare tutto questo.
Ripartire da quel finale, da quelle 8 puntate magistralmente incastrate, poteva sembrare un azzardo troppo grande per uscirne vincenti. Charlie Covell è però riuscita nella non facile impresa di chiudere alla perfezione una storia che sembrava essersi già totalmente raccontata. Con un passo indietro la creatrice è riuscita ad accendere nuovamente la miccia. Perché l’avventura di James (un magistrale Alex Lawther) e Alyssa (la magnetica Jessica Barden, vera calamita per lo spettatore), prosegue nel rispetto di un arco narrativo che era stato impostato con la prima stagione. Con The End Of The Fucking World 2 però si ribalta tutto: la dark comedy assume connotati ancora più profondi, scavando nella psicologia di tutti i personaggi e alzando in maniera vertiginosa la tensione.
PANTA REI – Più psicologia, meno scherzi, più traumi e drammi, meno battute. La serie cambia, perché a cambiare sono i protagonisti. Evolve. Il black humor resta, così come quella punta di sana follia che ha da sempre caratterizzato i ragazzi, quei due giovani adolescenti che vivono in maniera spericolata, per scoprire in un modo terribile ma affascinante la loro vera identità. Tutto scorre. Come le vicende che rapidamente coinvolgono i due, ancora più realistici rispetto alla prima parte del racconto. Inevitabilmente cresciuti: i segni dei traumi vissuti sono ancora lì. James rinato su un letto d’ospedale, più che mai consapevole del sentimento verso Alyssa, che invece ha oramai perso quella sua verve, quell’essere travolgente, per via della quotidiana lotta con i fantasmi del passato. L’omicidio di Clide ha segnato i due e tutto il minimondo che ruota loro intorno e che sembra collassare su sé stesso sin dai primi minuti di queste nuovi 8 episodi. Comincia un nuovo viaggio che guarderà anche al passato, a caccia di risposte su presente e futuro.
FIGLI DI PAPÀ – Una delle colonne portanti dell’intera serie è la figura paterna, la sua assenza per l’esattezza. Se nella prima stagione era stato il rapporto conflittuale di Alyssa con il suo patrigno prima (odio puro corrisposto) e con il suo padre naturale poi (incarnazione di tradimento, opportunismo e vigliaccheria), adesso è il turno di James. Sin dalle prime battute il rapporto con suo padre Phil viene messo sotto la lente d’ingrandimento, con lo sforzo del vedovo di recuperare un rapporto difficile, frutto di contrasti e incomprensioni nati dal giorno del suicidio della moglie. Il pianto con le due detective ci aveva cominciato ad avvicinare a un uomo psicologicamente debole, ma buono: ora i suoi sforzi (come il corso educativo con gli altri genitori) per ricreare un flebile legame con James rivelano a pieno la sua fragile ma dolce natura. I dettagli dei piccoli gesti di tenerezza ci dimostrano che l’amore per James è infinito, che c’è voglia di recuperare il tempo perduto. E nel momento in cui l’obiettivo sembra essere stato raggiunto, un infarto squarcia in due la storia e il cuore del ragazzo, che si era ormai riavvicinato al padre, gettandolo nello sconforto e nella solitudine totale. Un vuoto incolmabile, che darà il via a una serie di reazioni a catena che coinvolgeranno ancora una volta Alyssa. La scena in cui il ragazzo dorme in macchina con l’urna contenente le ceneri del padre è straziante. Ma il “papà” è motore di ogni cosa sin dal primo episodio di questo piccolo capolavoro. Per tutti. Una costante visibile/invisibile che fa nascere reazioni importanti (come le fughe ad esempio) e che inconsapevolmente avvicinano i due protagonisti, privi in modi diversi di questa figura fondamentale. I tratti in comune tra i due giovani innamorati accarezzano anche quelli di Bonnie, il nuovo character della storia, che ha avuto un padre all’apparenza meschino (tragicomica la scena della sua “fuga”) e che per questo è stata costretta a crescere con una madre folle. Alyssa ne ha due che insieme non ne fanno uno buono, James ne ha avuto uno ma troppo tardi, Bonnie uno non all’altezza, che l’ha abbandonata. Le figure paterne sono così causa naturale di una psicologia debole, malata, folle, pazza, e di gran parte delle caratteristiche che plasmano le emozioni dei protagonisti. Figli di papà, che non ci sono.
IL TERZO ELEMENTO – Bonnie (Naomi Ackie), dicevamo, che irrompe nella storia restituendo linfa vitale a un racconto che sembrava non aver più nulla da dire. E lo fa da protagonista, con un primo episodio interamente dedicatole, dove si intuisce la fisionomia di un personaggio devastato dal dolore derivante dalla mancanza di amore. Familiare prima, strappatole via da James e Alyssa poi. Un amore quest’ultimo che non era tale, andato perduto per colpa dei due ragazzi e che riscatena la follia omicida nella quale era già incappata qualche anno prima finendo in carcere. Una figura del male, inquietante per quanto sia percepibile la sua incapacità di razionalizzare, frutto dell’abbandono. Qui uno dei forti legami invisibili con i due protagonisti che hanno già perso (Alyssa) o hanno appena perso (James) tutto. James e Alyssa però, forse ancora inconsciamente, hanno il loro amore a tenere insieme i cocci. Bonnie no. Ed è anche per questo che si comprende come la giovane in una vita di soprusi abbia trovato nelle parole false di un folle come Clide l’unico appiglio alla vita. “Il problema di quelli che soffrono di mancanza di amore è che non lo sanno riconoscere – dirà Alyssa -. Quindi è facile che vengano ingannati, e vedano quello che non c’è. Ma in realtà tutti quanti mentiamo a noi stessi“. Alyssa comprende la soggezione della ragazza, la facilità di ingannarla con la falsa promessa di un “amore” che tale non è. E sarà parte di quella serie di ossimori che costelleranno la vita di Bonnie: una famiglia che non è casa, un amore che è solo miraggio, le prede che si riveleranno essere in realtà i suoi salvatori.
BONUS TRACK – Doveroso infine citare una vera chicca di quest’ultima stagione: la perfezione della colonna sonora. Musiche che calzano a pennello a seconda delle situazioni e che, non a caso, sono state curate con un mix esagerato che spazia dagli anni ’50 ad oggi da Graham Coxon, uno dei membri fondatori dei Blur. E per congedarci da questa serie così piccola ma così complessa, non resta che premere play sull’ultima traccia che ci lascia in eredità. Quella che comincia mentre Alyssa e James si tengono la mano consapevoli del fatto che il mondo davanti a loro è così vasto e complicato, ma che uno accanto all’altra potranno essere loro stessi. Due ragazzi che dagli eventi sono cresciuti, ancora fragili, ma che nella loro instabilità emotiva non hanno più paura di dichiarare i loro sentimenti.
“Anche io ti amo”
“Sì non continuiamo così…”
Luca Feole (@palahliuk)